Il 22 ottobre si celebra la giornata della consapevolezza della balbuzie. Come sensibilizzare su questo disturbo e supportare chi ne soffre
Balbuzie
Sono sempre di più i casi diagnosticati di balbuzie: In Italia circa un milione di persone vive ogni giorno questa “disfluenza” nel comunicare. I casi sono aumentati non tanto perché aumentino le cause di questa condizione ma grazie a una maggiore attenzione nei confronti di questo disturbo e al miglioramento delle conoscenze sul fenomeno. Lo testimonia anche la pubblicazione, nel 2014 delle prime Linee guida europee sull’argomento,tradotte in italiano grazie all’interessamento della Federazione logopedisti italiani e dell’Associazione scientifica logopedisti italiani.
Consapevolezza della balbuzie
La balbuzie non è solo ripetere sillabe o suoni, difficoltà a parlare, ma anche fatica, paura, vergogna e, ancora troppo spesso, discriminazione e bullismo. In alcuni casi, per evitare alcune parole su cui si ha più difficoltà, il balbuziente può ricorrere a degli espedienti come ad esempio delle pause molto lunghe, giri di parole a volte imbarazzanti per lui, intercalari frequenti, suoni d’imbarazzo etc. Questo comportamento, se portato all’eccesso, come leggiamo su Psicodizione.it, potrebbe sfociare in una fobia sociale verso l’atto di parlare, ossia la “logofobia”.
Inoltre questo comportamento crea frustrazione e incapacità di esprimere se stessi, quello che si pensa o si ha dentro.
In Italia circa un milione di persone vive ogni giorno questa “disfluenza” nel comunicare, di cui 150.000 sono under 18. Per questo il 22 ottobre, in occasione della Giornata della consapevolezza sulla balbuzie, è importante sensibilizzare su questo disturbo e supportare chi ne soffre.
Balbuzie e bullismo a scuola
L’Associazione Vivavoce, creata per dare supporto a chi soffre o ha sofferto a causa di difficoltà legate alla comunicazione, in occasione di questa giornata ci spinge a riflettere su questo problema ancora molto sottovalutato nonostante la portata che ha nel vissuto di chi ne soffre. La balbuzie e i disturbi legati alla voce, infatti, sono una fatica che condiziona in ogni istante della propria vita: una gabbia che non permette alle persone che ne soffrono di tirare fuori quello che hanno dentro e di essere sé stesse fino in fondo.
A differenza di quanto si pensi, la balbuzie non è solo ripetere sillabe o suoni, ma è anche fatica, paura, vergogna e, ancora troppo spesso, discriminazione ed esclusione sociale. A scuola, a queste esperienze negative si affianca il rischio di derisione e di bullismo. Alcune ricerche confermano che le carenze nelle abilità sociali dei bambini dovute a difficoltà nel comunicare “attirano” l’attenzione dei bulli.
Inoltre, i bambini con disturbi specifici del linguaggio sarebbero 3 volte più a rischio di bullismo rispetto ai pari (fonte: Hughes 2004, Hartley 2015, Hymel 2015). Altri studi evidenziano una maggior percentuale di episodi di bullismo nei soggetti balbuzienti (30%) rispetto al campione di normo fluenti (14%). Il bullismo amplifica, anche nel tempo, vissuti spesso già associati alla balbuzie (ansia sociale, paura di insuccesso, senso di insoddisfazione). In particolare, consolida l’idea che ‘io sono la mia balbuzie’.
Che cos’è la balbuzie
Secondo la semplice definizione delle Linee guida europee, la balbuzie è un “disturbo della fluenza dell’eloquio”. In particolare, l’Organizzazione mondiale della sanità lo definisce un disturbo del linguaggio caratterizzato dal fatto che chi ne soffre sa perfettamente che cosa vuole dire, ma non riesce a farlo perché si blocca continuamente, oppure ripete parole o parti di parole e il discorso rimane frammentario e stentato.
Come si manifesta
Tra le manifestazioni più comuni della balbuzie troviamo:
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la difficoltà a cominciare una parola o una frase;
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il prolungamento di suoni all’interno di una parola;
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la ripetizione di suoni, sillabe o parole intere;
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il blocco nella pronuncia di certe sillabe, o l’inserimento di una pausa all’interno di una parola, che risulta come spezzata;
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l’aggiunta di suoni “di raccordo” tra una parola e l’altra, come “mmmmmm”.
Le difficoltà nel linguaggio possono essere accompagnate da alcuni sintomi fisici, come tremore delle labbra o della mascella, sbattere delle palpebre, scatti della testa o tendenza a stringere i pugni mentre si parla.
Questo per quanto riguarda le manifestazioni esteriori. Poi c’è il vissuto personale, la percezione che la persona colpita ha del proprio disturbo.Spesso si sentono molto condizionati dalle loro difficoltà a parlare, con conseguenze negative sulla qualità della vita.
In effetti, spesso la balbuzie si associa:
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a bassa autostima,
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a problemi di comunicazione con gli altri,
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a una tendenza all’isolamento e a sviluppare disturbi d’ansia,
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al rischio di diventare oggetto di bullismo.
Quando migliora, quando peggiora
Chi balbetta non lo fa sempre: ci sono circostanze in cui i sintomi si attenuano. “Succede quando si segue un ritmo, per esempio cantando, pregando o recitando una poesia, o quando si altera il modo di parlare, passando dal discorso normale al sussurro, oppure all’urlo, o all’inflessione dialettale” precisa Tomaiuoli. Anche parlare con un bambino piccolo o da solipuò attenuare il disturbo.
Viceversa, la balbuzie può peggiorare quando si deve parlare al telefono, oppure di fronte a un pubblico, o in generale quando si è messi sotto pressione o ci si sente molto stanchi o eccitati.
Chi colpisce
“La balbuzie è presente in tutto il mondo, in ogni gruppo etnico e in ogni cultura” affermano le Linee guida europee, sottolineando che nel mondo interessa circa l’1 della popolazione. Il disturbo è più frequente nei bambini.
Il bambino balbetta improvvisamente?
Tra i due e i quattro-cinque anni, il 10-20% dei bambini manifesta episodi di balbuzie. Nel 75% dei casi si tratta di forme fisiologiche e transitorie, legate all’immaturità del linguaggio, cioè al fatto che il bambino sta ancora imparando a parlare. Queste forme regrediscono in genere da sole, nel giro di qualche mese o di un anno, oppure con qualche minimo intervento.
Tra gli adulti, uno su cento balbetta. Il disturbo è circa quattro volte più frequente nei maschi.
Perché si balbetta?
Fino a non molti anni fa, si riteneva che la balbuzie fosse una conseguenza di traumi psicologici o emotivi del bambino. Oggi questa ipotesi è tendenzialmente superata, ma le cause precise del disturbo non sono ancora state identificate. Si sa tuttavia, come precisano le Linee guida, che si tratta di un disturbo multifattoriale, influenzato appunto dal coinvolgimento di più fattori.
Un importane filone di ricerca nato negli Stati Uniti si concentra sulle basi genetiche della balbuzie: sono stati effettivamente individuati alcuni geni che sembrano coinvolti nella sua insorgenza. Altri studi sembrano indicare che il cervello dei bambini che balbettano sia organizzato in modo diverso rispetto a quello di bambini che non lo fanno. Sono però studi preliminari, ancora da confermare.
Quando preoccuparsi e a chi rivolgersi
Come abbiamo visto, la balbuzie può costituire una fase normale nella vita di un bambino, che va incontro a esitazioni e ripetizioni nel parlare perché sta ancora sviluppando le proprie competenze linguistiche. Se i disturbi del linguaggio sono minimi e non hanno conseguenze sulla vita sociale del bambino non c’è da preoccuparsi e non c’è tendenzialmente nulla da fare.
Occorre invece segnalare la situazione al proprio pediatra di fiduciase:
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la “fase balbuzie” dura a lungo, cioè oltre i 12 mesi;
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ci sono in famiglia altri membri che balbettano;
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le difficoltà nel parlare sono molto evidenti e il bambino comincia a isolarsi e a evitare di parlare.
Il pediatra indicherà gli specialisti ai quali rivolgersi. La cosa migliore è indirizzarsi verso centri multidisciplinari, che possano seguire la famiglia e il bambino da vari punti di vista, con esperti logopedisti, psicologi, neuropsichiatri.
Anche se il bambino balbetta già da un anno, non è detto che lo farà per sempre. Il disturbo può regredire spontaneamente anche a distanza di 3-4 anni dall’insorgenza. E comunque si può fare molto per attenuarlo e imparare a gestirlo, anche nelle forme persistenti. In questi casi, prima si fa la diagnosi, prima si interviene e meglio è.
Come si valuta la balbuzie?
La valutazione specifica per la balbuzie consiste nella somministrazione di una serie di test, al bambino e alla famiglia, per definire l’entità del problema (da lieve a molto grave), valutare il disagio che prova il bambino che balbetta e le modalità comunicative del genitore, per indicare di conseguenza quali possono essere utili e quali al contrario possono costituire un ostacolo alla risoluzione del problema.
Come si interviene
Diciamolo subito: una cura definitiva o una “pillola magica” per guarire per sempre dalla balbuzie non c’è. Però ci sono varie strategie terapeutiche che possono aiutare da un lato ad attenuare i sintomi e a gestire al meglio il disturbo, dall’altro ad accettarlo per non venirne “schiacciati”.
In genere, si lavora in modo molto personalizzato, scegliendo per ogni paziente le strategie migliori per affrontare la “sua” balbuzie. Si va da attività di logopedia per migliorare la respirazione, l’emissione della voce e l’articolazione dei suoni, ad approcci di psicoterapia per lavorare sui temi dell’autostima, della consapevolezza positiva, della gestione dell’ansia. Sono aspetti fondamentali, perché le tecniche di miglioramento del linguaggio da sole non bastano”
Alcuni centri possono offrire percorsi particolari: nel Centro per la ricerca e la cura della balbuzie di Roma, per esempio, i pazienti vengono indirizzati ad attività di teatro, di doppiaggio o di radio. “Sono tutte esperienze caratterizzate dalla pressione temporale, dalla necessità di improvvisare, dall’opportunità di sperimentare ruoli differenti. E tutto questo aiuta molto i giovani a sciogliersi e ad acquisire autostima”, spiega la direttrice.
IL TUO BAMBINO BALBETTA? ECCO COME PUOI AIUTARLO
Ci sono una serie di piccole cose che i genitori possono fare per dare una mano al proprio bambino che balbetta, aiutandolo a gestire e ad accettare questo disturbo. E altre, invece, che non andrebbero mai fatte. Vediamole.
Cose da fare se il bambino balbetta
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Creare ambienti e opportunità rilassanti e piacevoli per parlareinsieme, senza l’interruzione della televisione;
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Invitare il bambino a “cavarsela da solo” nelle situazioni quotidiane in cui questo è oggettivamente fattibile, come ordinare una pizza o un gelato;
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Ascoltare attentamente quello che il bambino deve dire, dandogli il tempo necessario per farlo e mantenendo il contatto visivo per tutta la durata del discorso;
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Se il bambino lo richiede, spiegare serenamente in che cosa consiste la balbuzie, sottolineanto il fatto che questa caratteristica non sminuisce il suo valore;
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Cercare di parlare lentamente e in modo rilassato (ma senza arrivare a scandire le parole) così da diventare modelli “utili” per l’espressione verbale del bambino.
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Avvicinare il più possibile il bambino al piacere della lettura, uno strumento fondamentale per ampliare il vocabolario e trovare i sinonimi da utilizzare al posto delle parole che comportano difficoltà maggiori.
Cose da non fare se il bambino balbetta
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Spronare il bambino a parlare meglio o più lentamente e a respirare bene: si rischia di mortificarlo, perché lui sta già facendo il meglio possibile.
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Reagire negativamente ai balbettii, criticare il bambino per il modo in cui parla, o addirittura punirlo;
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Insistere sull’importanza di “parlare bene”;
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Evitare di parlare della balbuzie. Fuori di casa, il bambino si confronterà con coetanei che parlano in modo differente e si renderà comunque conto della sua diversità, quindi meglio parlarne anche a casa. Senza però concentrarsi eccessivamente sul disturbo. Il bambino non è solo la sua balbuzie!
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Interrompere il bambino mentre parla, anticipando le sue parole o completando le sue frasi.
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Vivere con un senso di colpa un’eventuale balbuzie di uno dei genitori. Anzi: i genitori che balbettano possono essere un modello di riferimento importante per il bambino balbuziente.