Improvvisamente urla, pianti inconsolabili e reazioni inaspettate. Il primo pensiero dei genitori è: «Ma cosa sta succedendo? Fino a ieri la pace e
ora, di colpo, abbiamo in casa un piccolo rivoluzionario». Niente paura, siamo ufficialmente entrati nella fase che gli inglesi chiamano Terrible
two, e possiamo anche già rassicurarci: come per ogni fase evolutiva, anch’essa ha un inizio, uno svolgimento e una fine.

 

 

 

 

E’ un periodo particolare dello sviluppo del bambino, che comincia a percepirsi come un’entità separata dalle figure genitoriali e durante il quale emerge la
necessità di affermarsi come individuo.
E’ una fase faticosa per i genitori che si trovano di fronte a capricci, crisi di rabbia e ai “no”: in realtà il bambino è alla ricerca di limiti da parte degli adulti di
riferimento e i suoi atteggiamenti di sfida non sono altro che una sperimentazione dei propri confini.
In questo modo egli impara anche a gestire la frustrazione, trovando strategie efficaci per fronteggiare le emozioni, in un percorso di ricerca del proprio
“essere nel mondo” come persona.

 

 

 

  • IL NO!

 

Dobbiamo considerare che i bambini, come noi adulti, hanno il diritto di dire “no”, anche se questa diventa una specie di parola magica da ripetere
ostinatamente per affermare la loro volontà e l’indipendenza dagli adulti (o anche solo per vedere che effetto fa).
Ma i due anni non sono solo l’età del “no”, dell’opposizione e della collera. Contemporaneamente, infatti,
il bambino inizia a pronunciare spesso il pronome “io”, si riconosce allo specchio,
percepisce la propria unità corporea e comincia a sentirsi una “persona” dotata di pensiero e volontà,
separata dalla madre, dal padre e dalle altre figure di riferimento.
Il “bersaglio” preferito in questa fase di affermazione e opposizione è la mamma, ovvero la persona con cui ha più confidenza e con cui si sente
maggiormente libero di esprimersi: è proprio da lei che sente di dipendere maggiormente ed è con lei che ha ancora paura di confondersi.
Ricordiamoci dunque che è attraverso “no” e “io” (e anche “mio”) che il bambino sperimenta la sua libertà e cerca di affermare la propria
personalità; si fanno cioè strada in lui le prime forme dI ” pensiero individuale “.  Le “obiezioni” rappresentano, quindi, null’altro che un richiamo
all’autonomia.
I “no”, le opposizioni e le apparenti sfide racchiudono anche le paure e le insicurezze del piccolo.
Questo perché da un lato c’è il suo desiderio di avventurarsi in un mondo sconosciuto ma dall’altro la paura di non sapere quello che troverà:
«Sto crescendo, voglio fare da solo» ma «ho ancora bisogno della tua guida e della tua vicinanza».
Questa è una fase evolutiva importante, una “palestra” in cui il bambino si allena per imparare a gestire la frustrazione e a controllare la rabbia.
Impiegherà del tempo per padroneggiare gli impulsi emotivi, e il genitore dovrà stargli accanto lasciando che questo tempo abbia la sua evoluzione,
offrendogli strategie vincenti e soluzioni socialmente accettabili.

 

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒂𝒇𝒇𝒓𝒐𝒏𝒕𝒂𝒓𝒆 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒂 𝒇𝒂𝒔𝒆?

 

Evitiamo innanzitutto di considerare gli atteggiamenti oppositivi del bambino come una sfida, è  importante non considerare il bambino come un piccolo
“tiranno” che ci sfida; sono utili poche regole chiare legate ad alcuni momenti salienti della vita quotidiana (nanna, pappa, igiene,…),facili da rispettare.
Agitarsi o urlare durante le crisi di rabbia del bimbo non è produttivo, piuttosto può essere una strategia vincente quella di accogliere questi momenti,
facendogli sentire la nostra vicinanza, abbracciandolo e fungendo da contenitore emotivo.
E’ necessario porre dei limiti soprattutto per quanto riguarda la sicurezza del bambino, lasciandogli allo stesso tempo degli spazi di sfogo
 in cui possa mettersi alla prova e sperimentare le sue nuove abilità.
Proviamo ad esempio a limitare la frequentazione di ambienti chiusi, affollati e troppo stimolanti (supermercati, centri commerciali etc.):
stancare il bambino lo renderà più facilmente irascibile e nervoso. Meglio portarlo fuori, all’aria aperta: la natura distende le tensioni, calma,
rassicura e offre infinite possibilità di sperimentazione.

 

 

I bambini imparano  più da come ti comporti che da cosa gli insegni”

                                                                                              ( Willian Eduward  Burghardt Du Bois )