La riflessione pedagogica sul rapporto tra teatro e infanzia, tra arte ed educazione ha radici lontane. Conflittualità, alleanze, equilibri talvolta precari e visioni innovative hanno caratterizzato la storia degli ultimi tra decenni del Novecento ad oggi, da cui emerge, al di là dell’eterogeneità e della pluralità di prospettive, il bisogno del piacere del teatro, dello stupore e delle emozioni dei linguaggi dell’arte.
Testimonianze assai lontane nel tempo, come un accenno di Platone nelle Leggi, rivelano quanto già dall’antichità a forme di spettacolo destinate all’infanzia si associassero funzioni pedagogico-educative. Lo stesso compito fu assunto, dal sec. XVI – con una comprensibile accentuazione di temi religiosi e di precetti morali –, dal teatro dei gesuiti, genere di teatro scolastico sviluppatosi, in clima controriformistico, in vari Paesi d’Europa e poi nell’America Latina con un suo specifico repertorio, scritto dagli insegnanti e rappresentato dagli allievi dei collegi. Dopo il declino dell’influsso esercitato da quest’ordine e da altri, che ne avevano imitato l’esempio, il compito fu riassunto nella seconda metà dell’Ottocento dai salesiani, sostenitori, fra l’altro, dell’attività drammatica come forma di impiego del tempo libero. Il vero e proprio teatro per l’infanzia nacque alla fine dell’Ottocento. Le iniziative sorte nei vari Paesi, differenti per livello e intensità, hanno concordemente puntato sulla formazione di compagnie specializzate e su un repertorio “originale”, creato da scrittori autentici e adatto alla mentalità dei piccoli, a integrazione o in alternativa a un repertorio formato da classici della letteratura drammatica e da fiabe appositamente adattati. Così in Italia, dove la produzione specifica è di valore modesto (se si eccettuano i contributi di G. Fanciulli, G. Luongo e, a parte, di S. Tofano), spicca nella prima metà del secolo la compagnia del Teatro della Fiaba, formata da ca. 50 bambini e bambine e attiva a Firenze dal 1927 al 1951, mentre si va facendo sempre più viva la sperimentazione di giovani che, sotto la guida di un insegnante e recuperando altre forme di spettacolo (circo, marionette, cartone animato, ecc.), attuano un teatro “globale” diretto, tanto da suggerire la più corretta definizione di teatro dei ragazzi (e non per i ragazzi). In Spagna, l’azione di maggior rilievo è degli inizi del secolo con El Teatro de Los Niños fondato da J. Benavente. In Francia si sono avute, fra molte altre, le iniziative del Théâtre du Petit Monde (fondato nel 1919 da P. Humble), del Théâtre des Enfants (fondato nel 1931 da R. Pilain), della compagnia di Antoine e Marie Bourbon (dal 1952) e del Théâtre des Enfants Modèles (dal 1953). Nell’Unione Sovietica, sulla scia delle esortazioni di Lunačarskij all’indomani della Rivoluzione, si costituì una rete teatrale che nel 1935 arrivò a comprendere 57 sale, con la rappresentazione di adattamenti di opere classiche e la creazione di un vero e proprio “giocospettacolo” volto a coinvolgere la partecipazione attiva dei ragazzi. Negli Stati Uniti si citano, fra le molte compagnie, quella del Children’s Educational Theatre, fondata da Minnie Hertz Heniger nel 1903 e attiva fino al 1909, una compagnia di attori professionisti e adulti fondata nel 1923 da Clare Tree Major e la King-Coit School, sorta nel 1937.